I Grani del Destino Bosniaco
Si ritiene che la parola balcanica “gatanje” derivi dal sanscrito “gad” (gadāmi), che significa “parlare”. In Bosnia, tuttavia, tra il popolo bosgnacco, è molto più comune il termine “ogledati”, che può essere tradotto come “osservare” o “analizzare”. È un nome appropriato, poiché descrive perfettamente una persona che predice il destino analizzando la disposizione delle carte o dei fagioli. Un’altra parola popolare è “falanje”, da cui deriva “faletati”, che significa “predire”.
L’intera pratica della divinazione si basa sulla credenza fatalistica nel destino, qualcosa che deve accadere e che è stato deciso da una forza divina prima della nascita umana. Ad esempio, in Bosnia si crede che Allah determini l’intero destino di ogni persona nei primi quaranta giorni dopo il concepimento, quando è ancora embrione nel grembo materno.
Naturalmente, l’uomo cerca di scorgere segni divini in tutto, e ciò ha portato, fin dall’antichità, alla nascita di numerosi metodi di divinazione. Ognuno di essi, a modo suo, cerca di sollevare il velo del mistero e rivelare frammenti di destino.
Il celebre poeta persiano Firdusi (Hakīm Abu’l-Qāsim Firdawsī Tūsī) descrisse il destino come onnipotente e irresistibile. Nel suo poema epico nazionale Shahnameh, egli racconta come Suhrab perda la vita per la spada di suo padre, poiché “così era scritto sulla sua fronte per ordine dell’inesorabile destino.”
I persiani erano maestri di chiromanzia e lettura del caffè, ma tra di loro — in particolare tra le tribù nomadi Bakhtiari — si pratica un tipo di divinazione identico al falanje u grah bosniaco. Si chiama “nakhoud fal”, cioè divinazione con i ceci. L’unica differenza è che, invece dei fagioli bianchi, vengono usati 41 ceci. Tradizionalmente, donne e uomini anziani li usano da secoli per rivelare il destino e predire il futuro.
I nomadi persiani aggiunsero anche un aspetto religioso al rito. Nelle tende, tra le donne che fumano narghilè, la chiromante recita preghiere, invocando Allah mentre dispone i ceci sul tessuto. Prima di iniziare, recita una benedizione per il Profeta Maometto, seguita dalla prima preghiera coranica e dalla Sura Al-Ikhlas.
Anche le chiromanti bosniache hanno l’abitudine di far tenere al cliente i fagioli e recitare la prima preghiera coranica Al-Fatiha, dedicandola a Hazrat Fatima, prima di disporli sul panno rosso. Il gesto non è solo un atto religioso, ma anche magico: si crede che apra le porte del mondo invisibile e riveli i segreti del futuro.
Una leggenda iraniana racconta che Fatima un giorno perse i suoi figli Hassan e Hussein e cercò di scoprirne il luogo servendosi dei ceci. Riuscì, e la sua abilità divenne leggendaria. In suo onore, nella disposizione dei grani, la fila centrale rappresenta Fatima, mentre quelle laterali rappresentano Hassan e Hussein.
Il Metodo di Divisione dei Ceci e la Lettura del Destino
Il metodo di separare un gruppo di ceci in tre mucchietti più piccoli, dai quali si prendono poi quattro chicchi alla volta per formare tre file, è identico a quello della tradizione bosniaca.
Quando la falgir (indovina) dispone i ceci in tre file (per un totale di nove “case”), la disposizione delle colonne verticali viene determinata in questo modo:
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la colonna destra rappresenta il cliente (C–F–I),
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la colonna centrale rappresenta la sua casa (B–E–H),
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la colonna sinistra simboleggia i nemici (A–D–G).
La lettura del destino inizia con l’interpretazione della prima fila orizzontale, cioè delle tre “case” (A–B–C), dove possono esserci in totale 5 o 9 chicchi.
Se nella prima fila orizzontale ci sono cinque ceci in totale, è un segno eccellente, soprattutto se un chicco si trova sul lato destro: 221 o 311. Questo numero è chiamato “Al-Abba” ed è considerato il più favorevole di tutti.
Allo stesso modo, se nella prima fila orizzontale appare il numero 333, viene chiamato “Hazrat Nuh” – simbolo di successo e matrimonio.
Se nella terza fila appare 444, è chiamato “I Dodici Imam”, e indica grande fortuna e benedizione divina per la persona a cui si predice il destino: il desiderio si realizzerà, il lavoro avrà successo e l’amore sarà ricambiato.
Sebbene nella versione bosniaca del “falanje”, la combinazione verticale 111 abbia un significato negativo, tra gli iraniani è esattamente il contrario — tutte queste combinazioni indicano il compimento di un desiderio o di un progetto.
Esistono però numeri dal significato opposto, come 234, chiamato “il fuso”. Ovunque appaia, verticalmente o orizzontalmente, avverte il cliente di rimandare i suoi piani, altrimenti lo attendono fallimento e delusione.
In Iran si ritiene che questo tipo di divinazione abbia 64 forme possibili, cioè combinazioni numerologiche di ceci, ciascuna con un proprio significato. Quelle non menzionate in questo testo, secondo le indovine iraniane, non sono negative, ma instabili e incerte, e quindi non garantiscono felicità o la realizzazione dei desideri.
Per questo motivo, al termine della sessione, è consuetudine lavare tutti i ceci in acqua prima della nuova divinazione, per cancellare eventuali tracce energetiche negative.
Prima del 1979, a Teheran, la divinazione con i ceci era una professione praticata pubblicamente nella piazza intorno alla Moschea dello Scià, dove le faletarke sedevano offrendo i loro servizi divinatori dietro compenso.
Anche oggi, questo metodo è una pratica popolare tra le donne durante i pellegrinaggi a Shahrbānū, dove gli uomini non possono entrare, e le donne possono dedicarsi liberamente ai propri rituali spirituali.
Infine, va sottolineato che la divinazione con 41 chicchi è diffusa su un’ampia area geografica, che si estende dalla Bosnia (Balcani) attraverso la Turchia, il Kazakistan e l’Iran, fino all’India.
Per questo motivo può essere considerata un fenomeno sociologico, che in modo straordinariamente unico unisce culture e religioni differenti.
